Contributo di Federica Trolli

About forty essential life recipes whole hearted

Quando ero piccola giocavo a fare il pirata sulla nave, che era il mio letto. Mi immaginavo di essere nel bel mezzo di una tempesta e lì sopra non mi sarebbe potuto accadere nulla. Oggi sono a casa, in realtà da un mese, e per la prima volta sto riprovando quella sensazione: il mio letto è di nuovo la mia nave, io sono un pirata, ma fuori non c’è una tempesta, c’è silenzio, perché abbiamo lasciato che un estraneo, un ospite inquietante entrasse nelle nostre vite, contagiandole.
Quello che sento è un silenzio forte, carico della paura di chi è fragile, della stanchezza e del coraggio di medici, infermieri e tutti coloro che stanno rischiando la vita per salvare quella degli altri. Da due settimane è iniziata la primavera, la stagione dell’attesa, è la condizione delle cose che devono accadere. I fiori sbocciano, i girasoli possono rivolgersi al sole e le rondini finalmente tornano a casa. La primavera è un passaggio, è il momento in cui togliamo i vestiti invernali, pesanti, per fare spazio a qualcosa di più leggero e forse anche più colorato, ma il cambio di stagione può e deve aspettare. Perché proprio adesso? Perché la vita è imprevedibile, è prepotente e non siamo noi a fare le regole, tuttavia possiamo scegliere se essere parte del problema o della soluzione. Allora penso che anche dalla nostra finestra è possibile vedere il sole e sentire l’arrivo della primavera. Il tempo si è fermato e per questo motivo dobbiamo impiegarlo nel modo giusto, ripartendo da ciò che è essenziale, la cura di noi stessi, della nostra casa e di chi questo spazio lo abita. Poi prendiamo acqua, farina, sale e lievito e facciamo il pane, rispettiamo il tempo che ci vuole perché cresca e capiamo il valore del “quanto basta”: è il tocco segreto che arricchisce il nostro pasto, è l’ingrediente personale che rende unica la nostra ricetta e forse anche la nostra vita, facendo ognuno la propria parte.
L’idea del progetto è quella di presentare quaranta ricette o poco più, che ci accompagneranno verso la fine di questo isolamento, destinato a prolungarsi. Perché quaranta? La risposta è piuttosto ovvia: perché ognuno di noi, chi prima e chi dopo, ha affrontato, sta affrontando o affronterà un periodo di reclusione di circa quaranta giorni. Non sarò certo io a trarre conclusioni sul motivo per cui il nostro ospite inquietante abbia sconvolto o fermato le nostre vite, ma posso fare qualcosa perché non diventi un mio nemico, un avversario che, nei momenti in cui cedo alla noia, alla nostalgia o alla tristezza, mi ricordi quanto sia importante mettersi in gioco e confrontarsi con le proprie capacità. Per concludere, attraverso schizzi, scarabocchi, disegni, pensieri, ricette di piatti della tradizione rivisitati dal “quanto basta” o ricette degne di essere definite “gourmet”, ecco che queste pagine proveranno ad essere un buon compagno di viaggio durante il nostro isolamento.

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